Il nostro ordinamento offre diversi strumenti coercitivi nei confronti del coniuge che volontariamente si sottrae agli obblighi di mantenimento dei figli e del coniuge a seguito di separazione o divorzio.
L’inadempimento ha due tipi di conseguenze:
- in sede civile: il non aver adempiuto in modo tempestivo o tardivo, anche per una sola volta, è circostanza ritenuta sufficiente a far dubitare della futura regolarità dell’adempimento all’obbligo di versamento del mantenimento. Pertanto, è motivo sufficiente a ritenere frustrata la funzione stessa cui adempie il mantenimento e dunque a conferire la legittima facoltà all’avente diritto di adire l’organo giudicante per l’applicazione dei rimedi fissati dall’art. 156 c.c. o, più in generale, per la riscossione coattiva del credito;
- in sede penale: si configura il reato di cui all’art. 570 c.p..
Conseguenze penali.
L’art. 570 c.p., come modificato dal D.lgs. n. 154/2013, punisce chiunque si sottragga agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale, alla tutela legale o alla qualità di coniuge, con la pena della reclusione fino a un anno o con la multa da Euro 103,00 fino a 1.032,00.
Non ogni inadempimento configura questo reato: la mancata o minore corresponsione dell’assegno stabilito dal giudice civile non è di per sé sufficiente a dimostrare la responsabilità penale, se non si prova anche che siano venuti meno i mezzi di sussistenza dell’avente diritto al mantenimento.
Si tratta, pertanto, di un reato che non si configura soltanto in presenza di una qualsiasi omissione di pagamento dell’assegno di mantenimento stabilito dal giudice, ma quando tale omissione priva materialmente il coniuge o i figli dei mezzi di sussistenza, determinando una condizione di disagio tale da mettere in difficoltà gli aventi diritto in ordine alle primarie esigenze della vita. Ciò significa che qualora il genitore non corrisponda l’assegno di mantenimento per il figlio, ma non gli faccia mancare i mezzi di sussistenza con i proventi del proprio lavoro o anche con l’aiuto dei prossimi congiunti, il reato in esame non si configura.
La Cassazione ha stabilito che né la difficoltà economica, né la perdita della responsabilità genitoriale sono motivi validi per il mancato pagamento degli assegni; e così neppure la disoccupazione, il fallimento, il dissesto economico, a meno che non siano circostanze corredate dalla prova dello stato di indigenza.
La revisione dell’assegno.
Per chi si trovi in situazione di impossibilità o grave difficoltà sopravvenuta all’adempimento dell’obbligo di mantenimento, la Legge conferisce al coniuge obbligato la possibilità di chiedere la modifica e/o la revisione dell’importo da versare. Secondo il comma 7 dell’art. 156 c.c., qualora sopraggiungano giustificati motivi, il giudice, su istanza di parte, può infatti disporre la revoca o la modifica dei provvedimenti adottati in ordine all’assegno di mantenimento. In conseguenza dunque del mutare delle condizioni economiche delle parti, tramite un nuovo accertamento giudiziale, l’assegno può subire modificazioni, o addirittura estinguersi.
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