Il nostro ordinamento offre diversi strumenti coercitivi nei confronti del coniuge che volontariamente si sottrae agli obblighi di mantenimento dei figli e del coniuge a seguito di separazione o divorzio.
L’inadempimento ha due tipi di conseguenze:
- in sede civile: il non aver adempiuto in modo tempestivo o tardivo, anche per una sola volta, è circostanza ritenuta sufficiente a far dubitare della futura regolarità dell’adempimento all’obbligo di versamento del mantenimento. Pertanto, è motivo sufficiente a ritenere frustrata la funzione stessa cui adempie il mantenimento e dunque a conferire la legittima facoltà all’avente diritto di adire l’organo giudicante per l’applicazione dei rimedi fissati dall’art. 156 c.c. o, più in generale, per la riscossione coattiva del credito;
- in sede penale: si configura il reato di cui all’art. 570 c.p..
Le conseguenze in sede civile.
L’ordinamento offre al coniuge più debole le tutele specifiche previste dall’Art. 156 c.c. in caso di inadempienza:
- Ordine di pagamento diretto: gli aventi diritto al mantenimento ex Art. 156, sesto comma, c.c., possono chiedere al giudice di ordinare a terzi tenuti a corrispondere periodicamente somme di denaro all’obbligato (come, ad esempio, il datore di lavoro o l’Inps) che una parte di queste venga invece versata a chi deve ricevere l’assegno di mantenimento. Tale rimedio va richiesto con ricorso al giudice del luogo di residenza del soggetto a favore del quale l’obbligazione va eseguita, da presentarsi dietro necessaria assistenza di un avvocato.
- Sequestro: Altro rimedio a favore degli aventi diritto è il sequestro di parte dei beni dell’obbligato, previsto sia dall’Art. 156 c.c. che dall’Art. 8, ultimo comma, della Legge sul Divorzio (n. 898/1970). Si tratta di un provvedimento di natura non cautelare che, a differenza del sequestro conservativo, presuppone l’esistenza di un credito già dichiarato anche in via provvisoria e non richiede la prova delle conseguenze dannose che possa originarsi dall’inadempimento; le modalità per la richiesta di tale rimedio sono le stesse previste per l’ordine di pagamento diretto.
- Ritiro del passaporto: altro rimedio previsto dall’Art.156 c.c. è il ricorso al giudice tutelare affinché lo stesso disponga il ritiro del passaporto al coniuge obbligato al mantenimento. Si tratta di uno strumento poco utilizzato nella pratica che tuttavia ha lo scopo, attraverso le diverse limitazioni derivanti dall’applicazione di tale misura, di indurre all’adempimento dell’obbligo. Il suo presupposto va rinvenuto nella circostanza che, laddove due coniugi abbiano figli minori, ognuno di essi, per poter espatriare, deve essere autorizzato dall’altro o, in mancanza, dal giudice tutelare. Una ragione che permette a un coniuge di non prestare il proprio consenso al rilascio del passaporto o di revocarlo è proprio il mancato adempimento da parte dell’altro coniuge dei suoi obblighi alimentari.
In ogni caso, la sentenza di separazione o l’omologa dell’accordo delle parti costituiscono titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale su beni immobili e mobili registrati, e sono titoli esecutivi in virtù dei quali gli aventi diritto possono procedere per la riscossione forzata (pignoramento) delle somme ad essi spettanti.
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